Kenzo Tange - Il Giappone da Hiroshima al moderno

Francesco Matrone | Lunedì, 17 Aprile 2023

Dalle ore 8:15 del 6 Agosto 1945 il Giappone e il mondo intero si trovano di fronte, parallelamente alle atrocità dell’olocausto, alla più grande crisi di valori umani di tutti i tempi. Le esplosioni nucleari che hanno coinvolto le città di Hiroshima e Nagasaki hanno determinato un reset globale, irreversibile, che ha inondato tutti gli aspetti della civiltà: dalla politica, alla società, sino al paesaggio.

L’architettura, da sempre espressione tangibile di ogni rinnovamento dell’uomo nella storia, è chiamata a proseguire nel paese del sol levante ciò che era già stato avviato in altri ambiti culturali con la restaurazione, nel periodo Meiji (1868-1912). Con la caduta dello shogun, la concessione della costituzione e lo spostamento della capitale da Kyoto a Edo (l’odierna Tokyo), il Giappone inizia un vasto processo di occidentalizzazione a cui gli eventi bellici diedero un forte impulso, dovuto alla necessità impellente di una ricostruzione che avesse potuto simboleggiare anche uno spirito nuovo e che rilanciasse fortemente, oltre all’economia, anche un’idea alternativa di società. In questo contesto compare per la prima volta il termine kenchiku inteso come “architettura” (in kanji 建築 – letteralmente “costruzione di case” o “costruzione di templi” intesa con un’accezione molto vicina al concetto di téchne) e per tutte queste ragioni vengono chiamati diversi esponenti delle varie correnti del movimento moderno per poter determinare la nascita di un nuovo linguaggio che corrisponda anche a una riflessione fortemente critica della tradizione dell’architettura nipponica. Il tutto si traduce sostanzialmente, nei primi anni di sperimentazioni, in eclettismi in cui non riesce a emergere un’azione di critica radicale della tradizione costruttiva del paese.

Attraverso l’opera di Kenzo Tange (1913-2005), simbolo della nuova leva di architetti giapponesi, il processo di rinnovamento è completamente leggibile, specialmente nei contenuti. L’architetto di Osaka, allievo più o meno dichiarato di Le Corbusier, aveva già lasciato evidenti segnali di apparente contaminazione nel progetto della sua casa a Tokyo (1953 poi demolita): iniziano ad emergere i canoni dei rapporti dimensionali (il tatami in analogia al modulor lecorbusierano), tipologici (casa su pilotis) e del linguaggio come elemento complementare ma non determinante ai fini rappresentativi della costruzione. E’ la prima opera di chiara accezione moderna, anche se in scala modesta. La seconda, di portata internazionale non solo per l’aspetto architettonico, è il Parco della pace di Hiroshima.

Gli strascichi lasciati in questo luogo sono infiniti e alcuni apparentemente invisibili così come descritto nella vicenda della piccola Sadako Sasaki, morta nonostante la sua enorme voglia di vita, raccontata magistralmente da Karl Bruckner ne “Il gran sole di Hiroshima” (1961). Kenzo Tange vince il concorso per il Centro nel 1949. Il programma funzionale prevede un monumento commemorativo, un museo, un community center, un auditorium e un hotel da disporre in questo ampio parco posto a sud del punto esatto di caduta della prima bomba atomica. Tange aderisce puntualmente al programma del complesso realizzando edifici in cemento armato a vista, posti su pilotis in cui emerge l’essenzialità e l’austerità dal punto di vista espressivo che ben si oppone alla sacralità del Memorial posto al centro dell’asse di simmetria compositivo. I rapporti volumetrici e costruttivi sono chiaramente riferiti all’architettura della tradizione pur essendo trattati con paradigmi tipici del movimento moderno internazionale e ciò lo si evince particolarmente nel museo che rappresenta, non solo formalmente, la parte centrale della composizione. Ed è proprio il “riconoscimento della correlazione fra due tradizioni – quella giapponese e quella dell’architettura moderna - …” che rende quest’opera non solo “di rottura: essa lo è certamente, ma costituisce nel contempo un esempio di continuità con la linea culturale del movimento razionalista giapponese, e di una continuità preoccupata di verificare criticamente, di portare sino all’estremo, di chiarificare metodologicamente il significato di quel razionalismo, i suoi stessi limiti, se si vuole” (Tafuri). Tange integrerà successivamente il programma funzionale con una biblioteca per ragazzi, opera anch’essa paradigmatica, mantenendo sempre questa distanza espressiva e rispettosa di ciò che l’architettura è chiamata a rappresentare in questo “luogo di memoria”.

La carriera di Tange proseguirà sulla linea di ricerca tracciata dalle sue prime opere continuando questa conciliazione, con tracce molto evidenti in opere successive come il Municipio di Tokyo (1957) e, in maniera molto più ampia e matura, con l’edificio amministrativo del distretto di Kagawa (1958) in cui risaltano alcuni elementi funzionalistici come il piano-ricreativo intermedio (inizia quindi una ricerca di sviluppo in verticale) o prettamente tecnologico-strutturali come la trave binata in calcestruzzo armato che richiama costruttivamente le travi lignee della tradizione nipponica.
Quando si arriverà al piano urbanistico di Tokyo nel 1961 con la creazione di strutture a tenda di chiara ispirazione metabolista o con gli edifici per il nuoto in occasione dei Giochi Olimpici del 1964 (in parte utilizzati anche nel 2021) la capitale è ormai una vera e propria metropoli occidentale, globalizzata. Il richiamo internazionale permette a Tange di uscire dai confini e operare anche in altri contesti, specialmente in termini urbanistici con esperienze più o meno felici (Flushing Meadows, Bologna, Skopje, Napoli).

Resta, tra i suoi principali contributi teorici, il merito di aver manifestato apertamente l’applicabilità dei principi del movimento moderno, invarianti universali di ricerca architettonica, in un contesto differente dal suo punto di origine geografica, storica e socio-economica, mantenendo intatti i caratteri di identità rappresentativi della tradizione costruttiva del proprio paese.

“Solo se sia adotta un atteggiamento rivolto verso il futuro si realizzano le condizioni per le quali la tradizione esiste ed è viva. Perciò solo questo atteggiamento può porre termini di confronto e di superamento nei riguardi della tradizione” (Tange).

 

Didascalie immagini
- Museo del Parco della memoria, Hiroshima, Giappone,1951
- Karl Bruckner, "Il gran sole di Hiroshima", Ghibli editore