Casa a tre corti A

Olbia, Italy, 2015


La Sardegna è terra che ha conservato il senso dell’origine. La dimensione cosmogonica è tipica delle culture arcaiche, testimonianza di un rapporto con la Natura che la modernità nelle sue forme esteriori ha celato, ma mai cancellato. E’ forse la tipicità del paesaggio sardo che ha generato questa conservazione delle premesse di un popolo. Un paesaggio in cui le forze originarie divengono tensioni in ogni luogo, e che non hanno dato spazio (o in minima parte) alla mitografia di una modernità invasiva e violenta che ha cancellato un po’ ovunque la natura dei luoghi. Singolare è l’esperienza con il paesaggio sardo. Paesaggio come luogo così chiaro, da determinare la forma delle cose. Si provi a guardare con questi occhi le architetture della Civiltà Nuragica, nel loro rapporto con la Natura. Le loro ‘torri del cielo’ (Nuraghes) sono dei ripari megalitici, cellule elementari chiuse all’in-finito/Natura – da cui difendersi – , ma aperti in alto (l’occhio della cupola nuragica) per non interrompere la relazione con le stelle (il dio che protegge…). Una ‘caverna artificiale’ è il Nuraghe, il suo rispecchiamento – se usiamo una terminologia Lukàcsiana -, atto sommamente architettonico perché forma che evoca l’Inizio, la Necessità dell’architettura, il suo passato immemorabile di cui sopra si è detto. E’ il senso dell’abitare, che contempla entrambe le Necessità dell’uomo: quella di chiudersi in sé e quella di aprirsi al mondo nella sua totalità. Una sorta di consapevolezza arcaica della coincidentia oppositorum. E, mi sembra essere questa la radice del carattere dei sardi. In quei paesaggi cosmici, in quelle grandi distese incolte, si attinge la misura delle cose. Cose elementari, che indicano la impossibilità di dire il nesso uomo/natura attraverso il linguaggio; e solo con le cose semplici, elementari, quindi è possibile alludere, indicare un’assenza (il nesso uomo/natura), evocare il passato che sempreesiste. Il semplice è l’im-mediato dell’architettura […] La forza dei paesaggi sardi – paesaggi a volte lunari, immersi nel sole del mediterraneo – imbriglia anche le tipologie architettoniche successive ai Nuraghes. E’ il caso dello stazzo gallurese, ma anche della casa lolla campidanese. La casa rimane, nella storia delle tipologie dell’architettura sarda, un oggetto elementare che dà conto, dà la misura di quel passato. Il territorio/natura è elemento dal quale non si può scappare; è esso stesso che mette in forma, che ne determina le forme. Si diceva della forza delle cose elementari. Si pensi allo stazzu gallurese, composto da una cellula elementare (la stanza), teoricamente ripetibile - per accostamento – all’infinito, addizioni funzionali che man mano si rendono necessarie; con la sua misura in larghezza determinata dalla necessità costruttiva: i 5 metri della lunghezza massima delle capriate che sostenevano il tetto. Si pensi anche la casa lolla che, in più dello stazzu, ha una loggia davanti, elemento rappresentativo ma anche funzionale (ripara dal sole). La lolla è soglia, attraverso la quale si passa dalla dimensione sacra della Natura a quella terrena dell’uomo. È simbolo elementare, ma potentissimo. Tutti elementi che prendono forma, relazionandosi, dalla Natura preponderante dalla quale non ci si è mai potuti liberare, per una sorta di riverenza, ma anche di profondo rispetto. La Natura in Sardegna è cosa altra, esterna. Il Moderno vede i valori di questo nesso, e fa uno scatto che porta in avanti la riflessione sull’architettura della casa: ri-porta la Natura dentro la casa, e la mette in dialogo con l’abitare dell’uomo, come all’Inizio. Il patio è questo: è la forza dell’uomo che non teme più la natura, ma ci dialoga, se ne ritaglia una parte, attraverso il gesto fondativo del recinto. Non è un caso, per me, che ci siano in Sardegna decine di chilometri di muri a secco che delimitano porzioni di territorio naturale. È atto fondativo, ma anche di delimitazione di due dimensioni della vita. Sempre un atto di rispetto, comunque, mai una prevaricazione dell’uomo, mai tracotanza nei confronti del dio/natura (hibris), sempre dialogo. Tutte queste riflessioni sono confluite nei due progetti di casa a patio per Olbia (Casa ‘A’ e Casa ‘S’). A esse si sono ispirate, alla storia dell’architettura sarda sono dedicate, a quei luoghi stupendi, dove è possibile ancora fare esperienza della Natura. Case progettate nello spirito delle variazioni ammissibili di un tema architettonico, e nella ricerca di un possibile futuro Inizio.